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Borgo Santa Rita

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Borgo Santa Rita

Una giornata limpida, soleggiata, apparentemente primaverile, una collina in lontananza, dietro una gran curva, fa spiccare un campanile rosso. Tutto intorno il verde bruciato ti ricorda che siamo in pieno inverno. Siamo nell’entroterra siciliano e a breve raggiungeremo Borgo Santa Rita.

Ad accoglierci, lungo la strada dissestata, un gregge di pecore guidate da due pastori, sorridenti, e dalla pelle scavata dal sole come la strada dall’asfalto assente.
Cinque sole traverse, parallele, una dopo l’altra, compongono l’intero paese: una borgata sorta per volere del barone Ignazio La Lumia si pensa intorno gli anni venti sebbene non esista nessun documento che confermi tale ipotesi.

In fondo, uno degli ultimi edifici, proprio sulla quinta parallela, dal color giallo nespola è sede del Forno Santa Rita di Maurizio Spinello. Avevamo conosciuto la sua storia per caso, girovagando online, per le ricerche sulla “Sicilia del Pane” e così lo abbiamo conosciuto, indirettamente, e apprezzato non poco la sua caparbietà, la riservatezza mostrata nonostante le molteplici interviste lo portassero a raccontare più volte la storia della sua vita, quella di un successo e di un sogno realizzato.
Ci siamo entusiasmati così tanto che quella storia siamo voluti andare a “sentirla con i nostri occhi”. La storia di Maurizio e del Borgo Santa Rita, un luogo abitato, oggi, da sole quattro famiglie. La storia di una passione iniziata in casa nel vedere la mamma panificare, una licenza presa nel 1999, poi una certificazione bio e la continua ricerca sui grani antichi siciliani, grani indubbiamente migliori qualitativamente e organoletticamente. Una ricerca a tutto vantaggio della salute. La molitura a pietra e la cottura nel forno a legna animato esclusivamente da ulivo e mandorlo completano la produzione. Un prodotto naturale, figlio di materie prime eccellenti. Un pane che nasce dalla terra.

Prima di mostrarci il suo laboratorio, Maurizio accogliendoci con un mazzo di chiavi, ci invita a seguirlo. Ci porta a pochi passi dal Forno e con gesto disinvolto apre la chiesa rossa, Santa Rita, la stessa che scorgevamo prima da lontano. L’estrema semplicità di quel passaggio ci ha catapultati con il pensiero ad una realtà conosciuta fino ad allora esclusivamente in tv: nella mia mente si stagliano nitide, infatti, le figure di Don Camillo e Peppone e con loro la realtà rurale italiana del dopoguerra. 

Si, perché a Borgo Santa Rita il tempo pare essersi fermato. Le costruzioni in pietra, la vecchia scuola, il verso, ora muggito ora belato degli animali ti accompagnano lungo il cammino contraddistinto dall’odore rassicurante della campagna. Eppure siamo anche in un paese, un paese così vivo e così spento allo stesso momento. 
Perché in mezzo a quel belare, in mezzo a quegli odori rassicuranti mancava fortemente il suono delle voci dei bambini che giocano o il lento rumore dei trattori che avanzano lungo i pendii o la risata dolce di una mamma. Eppure la chiesa era così pulita, così adornata, che non era difficile immaginare il paese gremito di gente.
La mente chiude la parentesi cinematografica e ritorna presente quando dalla chiesa ci si sposta allo spiazzale circostante. La vista è adesso annebbiata dal sole abbagliante e dalle colline che racchiudono contornando l’intero orizzonte. Campi di grano disegnano il paesaggio macchiettato da qualche uliveto.
Maurizio in questo Borgo non è solo il panettiere, è il tour operator, è la persona che crede vivamente in una sua rinascita. Non smette di raccontare e raccontarsi e l’entusiasmo che ci pareva inizialmente essersi sopito insieme alle inevitabili difficoltà che un sogno così grande porta con sè, pare riemergere prepotentemente.

Oggi il pane di Maurizio Spinello ha ricevuto i migliori riconoscimenti della critica e la sua pasta arriva anche in Corea. 
“Bisogna crederci nelle cose che si fanno. Poi la strada si trova e il successo pure.” M. Spinello