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Coscienza ambientale. Riflettiamo insieme su una questione ancora aperta. 

La  biodiversità è stato uno degli argomenti più dibattutti durante il lockdown. Immagini della Natura che riprendeva i suoi spazi ritornando a respirare, i grafici che mostravano il netto calo delle emissioni di Co2, foto di piatti, video ricette, proclama di attori della ristorazione e testimonial celebrativi delle produzioni locali, sono stati il tam tam di una rinata sensibilità ambientale collettiva. Ma questa consapevolezza, o nuova coscienza ecologica, fa i conti con una realtà in cui la tutela dell’ambiente rimane ancora una questione drammaticamente aperta. Sul tema abbiamo voluto interpellare due personaggi che hanno impostato il loro lavoro, la loro battaglia per la tutela e la valorizzazione della biodiversità. A NONSOLOVINO ospitiamo Bonetta dell’Oglio, ideatrice de La Rivoluzione in Un Chicco, presidente di Donne di Mare, autrice di Romanzo Culinario e Arturo Genduso, agronomo impegnato nell’agroecologia. 

Il lockdown sembra averci fatto guadagnare qualcosa di buono, una maggiore consapevolezza della Natura, della sua biodiversità

Genduso:  Diciamo che la gente durante il lockdown ha avuto più tempo per notare certe cose. Diciamo che si è risollevato un certo spirito poetico. Ma è chiaro che non è cambiato nulla. Non è aumentata la raccolta differenziata, per esempio. Dinnanzi ai falchi che nidificano sui tetti di Milano è rinato l’istinto umano ma non si vede però prevalere il lato femminile, volendo citare il pensiero di Vandana Shiva. Intendo quel principio femminile a tutela della biodiversità che, secondo l’attivista e ambientalista indiana, è stato sopraffatto dalla logica dello sviluppo economico occidentale (male-development), uno sviluppo basato sul pensiero patriarcale che risponde ad una unica pulsione, quella di impossessarsi e distruggere. Ecco, non si vede alcuna azione, adesso, concreta e su larga scala dove prevalga il principio femminile. 

DellOglio: Sì, abbiamo assistito, e ci siamo emozionati, al risveglio della Natura, abbiamo capito quanto l’Uomo abbia danneggiato l’ambiente ma non c’è azione, prima di tutto a livello politico. Basti vedere l’accumulo di pseudo guanti e mascherine dinnanzi ai supermercati e negozi. Qui il problema della coscienza è profondissimo. Come diceva Rudolf Steiner ben cento anni fa “avere una sana indignazione nei confronti di ciò che è malsano deve costituire la base di partenza per far nascere l’entusiasmo verso le nuove indispensabili verità”. Ecco, all’Uomo manca quell’indignazione per la quale si passa all’azione. Non è ancora abbastanza indignato. L’uomo ha bisogno di essere guidato. Si affida al decisore politico e spesso le cose non sono decise nemmeno dal nostro Governo, visto che siamo anche all’interno della UE. C’è una sorta di sopimento nella coscienza dell’azione. Manca il senso di responsabilità personale. Portiamo la lente per un attimo sui nostri territori. Siamo riusciti a rendere brutto e sporco un paradiso come la Sicilia. Prima il contadino, il ricco proprietario terriero avevano un concetto di armonia, oggi questo concetto non c’è più. Ci siamo abituati alla bruttezza, all’immondizia che ci ha pervaso la testa!  Ho visitato territori come la Toscana dove respiri una pulizia quasi imbarazzante. Ma una pulizia esteriore è anche pulizia interiore. C’è sporcizia interiore qui e questo è dovuto alla mancanza di dignità, di indignazione! Se non si parte dall’atteggiamento coscienzioso non ne verremo a capo. Oggi assistiamo anche alle “fumarole” dì tonnellate di plastica bruciata rimossa dalle serre, problema che esiste da moltissimo tempo.

Più azioni politiche a tutela della biodiversità significherebbe creare più condizioni per stimolare leconomia. La ripartenza potrebbe trovare campo fertile, perdonate il gioco di parole, nella Natura?

Genduso: Basta riflettere sulle parole economia ed ecologia. Hanno la stessa radice. L’ecologia è il discorso che riguarda la casa, l’economia è la gestione della casa. Ritorniamo quindi al principio del lato femminile. L’economia è un discorso legato alla sensibilità e all’istinto dell’Uomo. Cioè si dovrebbe conciliare una sana economia all’interno dell’ecologia. E in economia si dovrebbe salvaguardare il principio della biodiversità, che fa parte della natura stessa dell’Uomo. L’importante però è che tutto questo non diventi ideologia. L’economia può salvare il pianeta ma c’è bisogno di cultura, di infondere cultura.

DellOglio: Lo deve capire il politico. Perché ancora gli assessorati non dialogano tra loro, Territorio e Ambiente, Sanità, Agricoltura e Pesca? I problemi sono a monte. La salute la alimenti principalmente a tavola. Per esempio, andiamo sul cocreto. Conosciamo le condizioni del nostro mare Mediterraneo, dei suoi ecosistemi. C’è da rabbrividire. Ancora le multinazionali continuano a devastarlo, con la pesca a strascico e reti enormi. E cosa si fa? Niente. Tutto è fatto a favore dell’industria del pescato. Abbiamo il problema delle quote tonno alla pesca artigianale che funziona con mezzi sostenibili. E’ da mesi che non si riunisce la consulta regionale della pesca, di cui Donne di Mare fa parte. Come è possibile? Non vengono ritenuti argomenti interessanti e ascoltare anche la ricerca scientifica?. Questo significa che il decisore politico prende le decisioni sulle esigenze del momento e non del mare! Queste, viste da parte dell’ecosistema, sono cose inaccettabili.

La biodiversità è allora una questione prima di tutto culturale?

DellOglio: Gli uomini del passato dicevano che il lavoro nobilita l’uomo. Ora il redddito di cittadinanza nobilita l’uomo ‘stravaccato’ sul divano. L’Uomo, oggi più che mai, dovrebbe dedicarsi a un lavoro produttivo di cibo sano in tutte le sue forme. Perché questo garantisce il futuro e la salute del nostro pianeta. Quante persone ancora sanno produrre cibo? Quanti conoscono le ricchezze naturali del territorio? Se oggi metti un giovane  davanti a un terreno non sa cosa fare. Io oggi non perdono nessuno, non si conosce più neanche la stagionalità. Perché attraverso i social, i media e i format che fanno comunicazione atti al risveglio delle coscienze, non si può non sapere. Eppure si tende sempre a seguire l’effimero. Bisogna cambiare abitudini e  prospettive. Chiamate il mugnaio! Andate direttamente a comprare nelle aziende agricole o pretendete che i vostri fornitori si specializzino in forniture locali sane. Ci vuole un’apertura della coscienza e un po’ l’abbiamo visto durante il lockdown, abbiamo nutrito tante speranze, che non possiamo permetterci di dimenticare. E’ come entrare in un appartamento e nuove stanze dove non sei mai entrato cominciano ad aprirsi, ti ritrovi davanti un luogo che prima non vedevi, ma ci sei dentro.  E’ sopratutto una questione di trasferimento del sapere. Nelle università prima di insegnare management bisogna parlare di biodiversità e tematiche locali, di materie prime, di scelte sensate sugli acquisti, di sostenibilità. Se facciamo una statistica sono certa che quando arriva il momento di cambiare l’olio alla macchina non si consiglia di mettere l’olio peggiore. Abbiamo più paura dell’olio cattivo, della macchina che si ferma, che ci lascia a piedi che del cibo che ingeriamo che sarà un generatore di malattia per noi e per l’ambiente.

Genduso: Certo. Perché le mamme e i papà non chiedono conto e ragione su ciò che i figli mangiano nelle mense scolastiche, non controllano, non pretendono cibo di territorio, biodiversità? Si affidano e basta. La biodiversità è poi dentro di noi. Dentro l’Uomo c’è un concetto di biodiversità. Bisogna esserne coscienti, pernderne consapevolezza. E qualche volta capita che si diventi consapevoli di questo. Per esempio, quando l’uomo si avvicina al vino. Lo beve, comincia a imparare la diversità, a comprendere, a distunguere un vino fatto da Perricone o un vino di Nero d’Avola. Tutto questo rimanda al principio della vita. Si comprende allora, attraverso un calice di vino, il principio della biodiversità. Il problema è che in generale il concetto di biodiversità non prevale mai, non è cultura condivisa da tutti e allora si impone il vantaggio personale, ognuno desidera ciò che vuole. Se poi guardo il mio mondo, quello universitario, scientifico, noto come tutto qui è paralizzato. 

La strada per unetica ambietale che cambi davvero lo stato delle cose è ancora lunga?

Genduso: Ma se ancora l’università parla di cose assolutamente inapplicabili! Le facoltà di Agraria oramai stanno morendo. Si chiedono contributi comunitari, si fanno partire progetti che poi falliscono per mancanza di professionalità. All’università di Agriecologia saranno in dieci a capirne qualcosa. E invece è proprio l’agriecologia la risposta per il futuro. E’ l’agricoltura compatibile con gli agrosistemi, con la bodiversità, con i sistemi naturali. E’ un’ecologia dell’agricoltura. E’ quell’agricoltura che tiene conto di tutte le comoponenti dell’ambiente, si aiutano la piante ad entrare in sitnonia con le componenti naturali, le varietà antiche che hanno convissuto con altre specie in un determinato territorio. E’ il sistema di agricoltura più moderno che ci sia! Che salvaguardia la logica del Wood Wide Web. 

DellOglio: Bisogna cambiare le abitudini. Partendo dal fare la spesa al supermercato ed essere pronti alle rinunce. Ce lo diciamo e ripetiamo oramai da anni, continuamo ad essere figli di un consumismo sfrenato. Vedo che su larga scala siamo ancora narcotizzati. Nel nostro territorio, basterebbe far prevalere l’istinto siciliano, porsi delle domande, comprare i nostri limoni e non comprare invece i limoni che vengono dal Cile. Se il consumatore comprendesse bene la sua forza, potremmo cambiare il mondo. Perché, anche se tutti parlassimo di cibo locale sano, al di là di una certa nicchia di privilegiati, potremmo cambiare tutto!

Siamo in primavera inoltrata, passeggiando tra le campagne cosa troviamo?

Genduso: Andate a raccogliere “i sinapi”, i cipollotti, l’iperico, l’achillea che sono piante utili per la salute. Il finocchietto selvatico. In questo periodo comincia la fioritura del sambuco. Negli orti comincia il periodo delle zucchine, dei tenerumi, vediamo le prime albicocche. Raccogliete le ciliegie. Siamo poi nella tredicina di Sant’Antonio che determina la produzione dell’ulivo. 

DellOglio: La tredicina di Sant’Antonio! Quante ne sapevano gli antichi? Siamo rivolti ad un mondo futurista, pensiamo sempre che ci dobbiamo evolvere, ma per farlo rivolgiamoci al passato, per costruire un futuro pulito. Teniamone conto, per favore! E poi quanto è biodiverso il nostro cibo tipico? Pensiamo alla caponata, piatto ahimè servito ai turisti tutto l’anno. Un concentrato di specie portate dai popoli che qui sono passati e si sono incrociati. Pensiamo agli agrumi, al mandorlo, all’ulivo stesso portato dai Greci, al pomodoro imposto da 200 anni, ma che oggi sono patrimonio della nostra biodiversità.